Lo svezzamento: gioie e dolori.

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“Svezzare” significa passare gradualmente dal cibo liquido (latte) al quello solido (altri alimenti).

Attraverso il gesto che assolve al compito di nutrire, il genitore costruisce un legame importante con il neonato offrendo anche un importante nutrimento affettivo. Con il cibo passa anche il  vissuto emotivo del genitore  e si costruiscono le basi del rapporto con il cibo  del bambino.

Lo svezzamento è un momento molto delicato ed è importante affrontarlo con la consapevolezza che necessita. 

Il significato psicologico ed affettivo

Il piacere nel nutrirsi nasce per il bambino tra le braccia amorevoli del genitore, insieme all’odore del suo corpo ed al battito del suo cuore. È dunque uno dei momenti di massima realizzazione per la costruzione del legame di attaccamento e lo sosterrà nella ricerca dell’ autonomia.

Il passaggio al cibo solido

Passare al cibo solido significa per il bambino affrontare un importante cambiamento che in qualche modo lo allontana dal genitore. Il bambino inizia a mangiare nel seggiolone o in una posizione non più fusionale come nell’allattamento,  a prendere il cibo in bocca tramite una posata o con le mani, e assaggia gusti diversi, consistenze diverse. Inoltre, deve capire cosa gli piace e cosa no.

Tutte queste cose comportano un salto che sembra avvenire come un fatto spontaneo, ma che nascondono una complessità di elementi nella vita relazionale del bambino

Il ruolo dei genitori

Per la mamma e il papà questo passaggio può portare con sé ansie e preoccupazioni di diversa natura.

Lo svezzamento è un momento delicatissimo dove l’adulto deve fidarsi del fatto che il bambino possa farcela ad assaggiare il nuovo cibo, accettando eventualmente i primi rifiuti e continuando in serenità a proporre il cibo solido, tentando di non “aspettarsi” troppo. Il neonato, vivendo nel mondo emotivo del genitore sarà condizionato dal modo in cui viene vissuto questo momento. Molte volte lo svezzamento segna anche il rientro del genitore al lavoro e può quindi coincidere anche con un distacco temporalmente più lungo.

Bimbi diversi, diverse modalità

Molto spesso i bimbi impiegano un po’ di tempo per abituarsi alle novità, ma ci sono anche quelli che amano i cambiamenti e si adattano molto in fretta. Qualunque sia il carattere del bambino, presto o tardi sarà attratto dal cibo di tutta la famiglia, e il passaggio all’alimentazione solida avverrà per forza di cose.

Anche i bambini che amano molto il latte della mamma hanno una spinta a conoscere le cose nuove, e soprattutto le cose che mangiano gli adulti, quindi saranno felici di assaggiare cose nuove, ma solo quando saranno pronti, sia fisicamente che psicologicamente.

Un nuovo individuo

Il bambino inizia a nutrirsi da solo, non vive più solo di latte di mamma o artificiale, inizia ad entrare di pieno diritto alla tavola dei grandi, ha un suo spazio dove sedersi, si aggiunge un posto a tavola. Inizia a mostrare le sue preferenze alimentari che possono essere diverse da tutti gli altri membri della famiglia, porta scompiglio a tavola per gli inevitabili pasticci che succedono, può rifiutare il cibo o mangiare molto meno di quello che desiderano e si aspettano i genitori.

In una parola, fa emergere la sua individualità, inizia a separarsi dal genitore. Questo aspetto può creare difficoltà ad alcune mamme o papà che non sono pronti a separarsi dal proprio bambino che sta cominciando a crescere. Altre volte il bisogno dell’adulto di staccarsi troppo velocemente non permette al bambino di rispettare i suoi tempi e di viversi lo scatto di autonomia con naturalezza.

Dal secondo anno di vita il bambino comincia a mostrare uno stato di maggiore organizzazione personale e una condizione di maggiore autonomia. Inizia a scegliere cosa, quando e quanto mangiare, ad esempio, ed è proprio in questi momenti che i genitori si preoccupano per il corretto equilibrio alimentare e iniziano le battaglie per una “adeguata alimentazione”.

La lotta per l’individualità

Il cibo non dovrebbe mai essere associato a nient’altro se non alla fame ma purtroppo non è sempre così.

Alcuni bambini che rifiutano il cibo in realtà stanno “lottando” per riuscire ad autogestirsi, ed utilizzano il cibo per esprimere rifiuto ed ostilità nei confronti di genitori possessivi ed iperprotettivi o al contrario per innescare una relazione che in qualche modo gli viene rifiutata. Altri rifiutano il cibo semplicemente perché in quel momento non sono affamati, o perché non è quello l’alimento di cui sono affamati. Ciò non vuol dire che i genitori debbano offrire 10 cose diverse solo per veder spiluccare qualcosa al piccolo, se no si entra in un circolo vizioso poi difficile da spezzare. In questo particolare momento possono nascere importanti complicazioni che vanno assolutamente risolte.

Come reagire?

Cerchiamo di non drammatizzare i rifiuti dei bambini davanti al cibo, di non imporre loro l’assunzione di cibi non graditi ma neanche di impazzire cercando mille alimenti diversi, di non costringerli a pasti lunghi e interminabili. Evitiamo anche di essere trasportati dall’ansia , costringendoci ad esempio ad inventare giochi, filastrocche e mille peripezie pur di vederli mangiare.

Anche nel caso dell’alimentazione, come in ogni altro campo dell’educazione, regole e limiti chiari e ben definiti, così come coerenza tra i diversi membri della famiglia, sono indispensabili e, sebbene combattuti dai bambini, sono per loro rassicuranti, indice che c’è qualcuno che si cura di loro e si assume la responsabilità di fare loro da guida.

Se vivi con stress e preoccupazione questo momento chiedi aiuto e non trascurare la tua difficoltà perché potrebbe influire sul futuro rapporto con il cibo di tuo figlio.

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